Wedgie Confessions

Confessione #2519

Ho 14 anni, ho un petto abbastanza piatto e un culo a bolla, e vengo costantemente preso in giro per questo. Un giorno, tornando a casa da scuola, (i miei genitori erano fuori città in quel momento, con una baby sitter che mi guardava) ho preso una scorciatoia a destra in una zona boschiva, sperando che fosse più veloce. Non mi ero reso conto che c’era un gruppo di ragazze (tutte più grandi di me, più grandi e più sviluppate, anche) mi stava aspettando lì, con un piccolo raduno di altri studenti di varie età (alcuni più giovani, alcuni di età simile alle ragazze e io) in attesa di vedere ciò che le ragazze avrebbero ritenuto “la mia punizione”. Due ragazze saltarono fuori e mi afferrarono, una per braccio, e mi spogliarono dello zaino. “Benvenuto!” Un’altra aveva detto. “Oggi sarai punito!”. “Sei sempre così snob, che spingi la gente, ostentando il tuo culo a bolla, abbiamo deciso di darti una lezione!” Ha annunciato, tra le acclamazioni e gli applausi della folla. Indossavo una camicetta bianca dell’uniforme scolastica, con una lunga gonna blu navy, plissettata e a vita alta. Indossavo scarpe Mary Jane nere e collant bianchi con mutandine da nonna di cotone a vita alta con la scritta “diva”. Immediatamente, sono stata bloccata sul pavimento della foresta sulla schiena, e ho sentito uno strattone alla gonna. “No!” Gridai, contorcendomi. “Oh, preferisci farlo da sola? Togliti la gonnellina e i leggins, puoi tenere le scarpe se vuoi”. Una ragazza ha spiegato, tirando fuori una videocamera e filmandomi, un’altra ragazza pronta a scattare foto. Ho ceduto, “Bene”. Pensando che fosse tutto quello che dovevo spogliarmi. Le due ragazze che mi tenevano fermo mi rilasciarono, lanciandomi un’occhiata con lo sguardo di avvertimento di non correre. Mi alzai in piedi, con la folla che mi guardava con aspettativa. Cominciai a slacciare il lato della mia gonna, scivolando fuori da essa e consegnandola ad una mano in attesa. Arrossendo tremendamente, mi tolsi le scarpe ed esitai con il bordo dei miei leggings. “DEVONO essere tolti?”. Ho chiesto. “Sì, ora sbrigati, mostraci le tue mutandine”. Rispose la ragazza. Finalmente le ho tolte, uscendo anche da quelle, umiliata con le mie mutandine da diva in mostra, aggrovigliate intorno ai miei fianchi. Le ho tirate fino in fondo per coprirmi di più, la cintura mi arrivava a metà della schiena e quasi al bordo del mio piccolo seno. Tutti guardavano, ridendo e scattando foto. Mi è stato ordinato di mettere la mano sulla testa e di girare su me stessa, mostrando le mie mutandine. “Ora togliti la camicetta per noi, lo farai o queste foto saranno ovunque”. La ragazza principale ha avvertito. Lentamente, mi sbottonai la camicetta e mi tolsi anche quella. “E il reggiseno! Sappiamo che hai a malapena il seno, comunque”. Ho slacciato il reggiseno da dietro e l’ho lasciato cadere, permettendogli di essere preso con il resto dei miei vestiti. Di nuovo fui fatta girare per far vedere a tutti le mutandine a vita alta. Mi è stato permesso di tenere ferme le scarpe. Mi erano rimaste solo le mutande e le scarpe. “Pensi che quelle mutande possano andare più in alto, diva?” Aveva chiesto una ragazza. “No, non credo…” Ho risposto, confusa. Improvvisamente, ero bloccata sul pavimento a faccia in giù, con le ragazze che mi tenevano le braccia sopra di me, divaricate, e anche le mie gambe divaricate. “Questi sono comodi sul tuo sedere, eh?” La ragazza principale ha stuzzicato, giocando con la cintura, palpando il mio culo per umiliarmi ulteriormente. Poi ha tirato la cintura verso l’alto, dandomi una smutandata ed esponendo il mio culo a bolle al vento freddo. Ha dato due piccoli strattoni, poi ha tirato su le mie mutande un po’ di più tutt’intorno, in modo che non fossero raggomitolate. Mi ha dato un buffetto sul sedere e mi ha permesso di alzarmi. “Non scegliere le tue mutande”. Poi ha scattato altre foto, dirigendomi a tenere la cintura in alto, in modo che sembrasse che mi fossi fatto la smutandata, scattando altre foto. “Ora sei libero di andare”. “Posso riavere la mia roba?”. “No, moccioso ingrato. E non prenderti le mutande! Voglio vederti camminare verso casa con le tue pubblicità che penzolano. Hai mutande e scarpe, puoi tornare a casa a piedi”. “No, per favore! Non farmi tornare a casa a piedi così!”. “Preferisci farlo nudo?” Si è offerta. Ho sospirato: “No…”. “E noi saremo proprio dietro di te! Quindi non pensare di coprirti e sceglierti le mutandine!”. “Aspetta, un’altra cosa prima di andare! Di’ che ti piace stare in mutande e indossa solo mutande e scarpe! E sorridi alla telecamera!” “Amo le zeppe e indossare mutande e scarpe imbarazzanti, è il mio abbigliamento preferito”. Ho detto, a malincuore. Ho finito per avere macchine che suonavano il clacson e persone che si avvicinavano a me per scattare foto, schiaffeggiarmi il culo, o per fare gli applausi mentre passavo sulla strada di casa. Arrivai a casa, dove la mia babysitter si mise a ridere di me e mi costrinse a rimanere in mutande e mi permise di indossare solo mutande e scarpe per il resto del tempo in cui i miei genitori erano via, seguendo le istruzioni che la ragazza aveva dato loro. Loro ridevano della mia umiliazione e mi davano anche le zeppole.

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