I vulcani più pericolosi del mondo

Le recenti eruzioni del vulcano Kilauea nelle Hawaii (USA) e del Volcán de Fuego (Vulcano di Fuoco) in Guatemala sono stati gli ultimi ricordi che viviamo su un pianeta geologicamente attivo. Sono anche due esempi che mostrano che il rischio rappresentato da questi episodi può variare enormemente, non solo per le caratteristiche di ogni eruzione, ma anche per la vulnerabilità della popolazione locale e la capacità di risposta delle autorità.

Ma senza dubbio, uno dei fattori più preoccupanti delle future eruzioni è il fatto che milioni di persone vivono in zone potenzialmente minacciate da vulcani attivi. Anche se è impossibile prevedere dove avverrà la prossima eruzione, questi sono attualmente alcuni dei vulcani più pericolosi del pianeta.

Vesuvio e Campi Flegrei (Italia)

L’unico vulcano attivo dell’Europa continentale fu protagonista di una delle eruzioni più note della storia, che nell’anno 79 distrusse le città romane di Pompei ed Ercolano, insieme ad altri insediamenti. Oggi fino a sei milioni di persone vivono nella città di Napoli e nei suoi dintorni, e ogni anno innumerevoli visitatori vengono a contemplare le vestigia dello storico disastro.

Insieme alla vicina caldera dei Campi Flegrei – parzialmente sommersa nel mare – e ad altri vulcani della regione, il Vesuvio è il risultato della collisione delle placche tettoniche africana ed euroasiatica. Le sue eruzioni sono state molto numerose negli ultimi secoli e di particolare violenza perché sono di tipo pliniano, che lanciano dense colonne di gas, cenere e roccia nella stratosfera.

La città di Napoli e il Vesuvio. Fonte: Wikimedia

Anche se gli esperti sottolineano spesso che una nuova catastrofe vesuviana – l’ultima eruzione risale al 1944 – potrebbe trasformare Napoli in una seconda Pompei, essi stimano anche che avvertimenti precedenti sotto forma di terremoti permetterebbero un’evacuazione anticipata.

Taal (Filippine)

A circa 50 chilometri da Manila, la capitale delle Filippine, si trova la pittoresca caldera di Taal, occupata da un lago con un’isola al suo interno. Sotto questa tranquilla facciata si trova un vulcano composto da diversi focolai che dal 1572 hanno eruttato in 33 occasioni, l’ultima nel 1977. Il vulcano è classificato come un’eruzione di livello sei (o “colossale”) nel Volcanic Explosivity Index (VEI), una scala aperta che in tempi storici ha raggiunto un massimo di sette.

Foto aerea del vulcano Taal, presa durante un volo da Manila a Dumaguete City. Credit: TheCoffee (Mike Gonzalez)

Il vulcano Taal è strettamente monitorato dalle autorità filippine poiché un’eruzione su larga scala potrebbe colpire più di dodici milioni di persone nell’area metropolitana di Manila.

Krakatoa (Indonesia)

Il 27 agosto 1883, quattro enormi esplosioni – che potevano essere udite fino a 5.000 chilometri di distanza – distrussero quasi tre quarti dell’arcipelago di Krakatoa (o Krakatau) nell’attuale Indonesia. Gli tsunami generati dall’esplosione costarono la vita a più di 36.000 persone. L’eruzione del Krakatoa rilasciò una quantità di energia 13.000 volte maggiore della bomba atomica di Hiroshima.

Nel 1927, l’attività vulcanica creò una nuova isola, Anak Krakatau (Figlio del Krakatoa), che cresce ad una media di quasi sette metri all’anno. Dal 1994 è in fase eruttiva, peggiorando nel 2007, con l’ultimo avvertimento ad oggi arrivato nel febbraio 2017.

Non è ancora chiaro se un cataclisma come quello del 1883 potrebbe ripetersi, ma la posizione del Krakatoa tra Java e Sumatra, isole con una popolazione combinata di quasi 200 milioni di abitanti, suggerisce che gli effetti di un nuovo grande tsunami sarebbero devastanti.

Merapi (Indonesia)

Senza dover guardare lontano come il Krakatoa, gli abitanti di Java hanno un’altra minaccia più vicina con il vulcano Merapi, situato nel centro dell’isola. Considerato il vulcano più attivo dell’Indonesia, erutta quasi ininterrottamente dal XVI secolo, con l’episodio più recente nel maggio 2018.

Il Merapi è il vulcano più attivo dell’Indonesia. Credit: werner22brigitte

L’attività del vulcano tiene in costante stato di allerta gli oltre tre milioni di abitanti della vicina città di Yogyakarta e dei suoi dintorni, ma chi ha più motivo di preoccupazione sono le migliaia di abitanti dei villaggi che vivono alle sue pendici, soprattutto per la notevole abitudine del Merapi di eruttare con flussi piroclastici, valanghe di gas in fiamme e materiale vulcanico che spazzano giù per le colline a centinaia di chilometri orari.

Popocatépetl (Messico)

Il vulcano più attivo del Messico è di solito nella lista delle principali preoccupazioni dei vulcanologi per due motivi particolari: la sua regolare attività, che ha ricominciato a manifestarsi nel 1994 (dopo quasi mezzo secolo di silenzio) e da allora ci sono state frequenti esplosioni; e gli scarsi 70 chilometri che separano il vulcano dai 20 milioni di abitanti di Città del Messico. La “montagna fumante” – il significato del suo nome nella lingua azteca Nahuatl – ha perso i suoi ultimi ghiacciai nel 2001 a causa del riscaldamento causato dall’attività vulcanica.

Cumbre Vieja (Isole Canarie, Spagna)

Foto satellitare di Caldera de Taburiente e Cumbre Vieja a La Palma. Credit: Analysis Laboratory, NASA Johnson Space Center.

Le isole Canarie hanno nel loro vulcanismo attivo una delle loro grandi risorse turistiche, con l’aggiunta che le eruzioni più recenti – come quella di Teneguía sull’isola di La Palma nel 1971 e l’eruzione sottomarina di El Hierro nel 2011 – non hanno messo in pericolo nessuna vita umana. Ma per anni alcuni vulcanologi si sono preoccupati della possibilità di una massiccia eruzione del vulcano Cumbre Vieja su La Palma – che in realtà è lo stesso vulcano di Teneguía, ma con una ventola diversa – che potrebbe causare il collasso dell’intera parete verso ovest e provocare un mega-tsunami che potrebbe attraversare l’Atlantico e devastare la costa orientale americana. Tuttavia, è uno scenario ipotetico controverso che altri esperti considerano altamente improbabile.

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